Le linee guida della Commissione sull’Art. 17 della direttiva copyright: qualche riflessione

Il 4 giugno, la Commissione Europea ha rilasciato le tanto attese linee guida previste dal paragrafo 10 dell’art. 17, Direttiva (UE) 790/2019 (nota anche come “direttiva copyright”).

Lo ha fatto con straordinario tempismo, proprio mentre gli Stati Membri si apprestano ad adottare i provvedimenti interni per rispettare il termine di trasposizione del 7 giugno.

Come noto, la disposizione in commento introduce una nuova disciplina per i siti che consentono la condivisione di contenuti protetti dal diritto d’autore (youtube, vimeo, dailymotion ecc.), caricati dagli utenti: se fino ad oggi, essi trovavano la loro collocazione all’interno della categoria dell’hosting provider di cui all’art. 14, Direttiva CE 2000/31, con la nuova direttiva (limitatamente al materiale protetto dal diritto d’autore) essi rientrano in una categoria autonoma, quella dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, e vengono considerati quali soggetti che effettuano, in proprio, un’attività di comunicazione al pubblico.

Il documento della Commissione si compone di ventisette pagine e prova a fare luce su una disposizione particolarmente complessa.

Leggendole mi sono appuntato alcune parole o concetti chiave che vorrei condividere con voi.

Le premesse contano

Un paio di anni fa, ad un convegno sulla direttiva copyright, mi colpì l’affermazione di uno dei relatori che grosso modo suonava così “Non leggo mai i considerando delle direttive, vado direttamente agli articoli”.

Ecco, leggendo le linee di guida della Commissione, questo approccio viene categoricamente smentito: per applicare correttamente l’articolo 17 nei loro ordinamenti nazionali, gli Stati membri devono prestare grande attenzione ai considerando.

La Commissione lo ricorda quasi in ognuna delle pagine del documento a partire dalle prime in cui si occupa della definizione di “prestatori di servizi di condivisione di contenuti online”.

Eccone un esempio, importantissimo:

Member States are advised to transpose and apply the different elements of the definition in the light of Recitals 61, 62 and 63, which provide important clarifications on the types of service providers included or excluded. As explained in Recital 62, Article 17 is aimed at online service providers that play an important role on the online content market by competing with other online content service providers, such as online audio and video streaming service providers, for the same audiences.

Dunque, non farebbe un buon lavoro lo Stato membro che si limitasse a riportare, verbatim, la definizione contenuta nell’art. 2, paragrafo 6 della Direttiva, senza includere un riferimento al fatto che questi nuovi “provider” devono presentare un elemento di concorrenza con altri servizi analoghi i cui contenuti, tuttavia, non sono caricati dagli utenti (ad es. youtube vs. spotify, per la musica).

Proporzionalità e approccio casistico

Se c’è un principio che emerge in modo dirompente nelle linee guida è quello della proporzionalità: il modo in cui dovranno essere declinati i comportamenti attesi dai prestatori di servizi dovrà tenere conto di quello che sia giuridicamente esigibile in ragione delle dimensioni del soggetto, delle circostanze di fatto, della completezza delle informazioni fornite dai titolari dei diritti.

Proprio il tema dei “filtri” preventivi in fase di uploading del materiale protetto, che tante discussioni ha suscitato negli ultimi mesi, pare fortemente ridimensionato (ancora una volta, le premesse contano):

the best efforts are only to be made to ensure the unavailability of specific works and other subject matter for which the rightholders have provided the service providers with the ‘relevant and necessary information’. Recital 66 specifies that if no such information meeting the requirements of Article 17(4) is provided by rightholders, online content-sharing service providers are not liable for unauthorised uploads.

Insomma, nessuna censura generalizzata preventiva: i filtri saranno chiamati ad operare solo e soltanto per quelle specifiche opere per le quali i titolari dei diritti abbiano fornito ai provider le informazioni rilevanti e necessarie. Se mancano queste informazioni, non ci potrà essere responsabilità per il provider che consente il caricamento di quei contenuti, pur in assenza di una specifica autorizzazione.

Anche sul tipo di tecnologia che dovrà essere utilizzata, la Commissione evidenzia come ciò non possa tradursi in una barriera per i soggetti meno strutturati: il “miglior sforzo” richiesto andrà calato, sulla base del principio di proporzionalità e secondo un approccio casistico, alla specifica situazione di fatto.

Le eccezioni sono importanti

L’articolo 17 prevede che non possa essere impedito il caricamento di materiali protetti dal diritto d’autore, utilizzati dall’utente per finalità di critica, discussione, dibattito oppure per creare parodie, caricature, pastiche.

Le c.d. “utilizzazioni libere” (rectius, “eccezioni e limitazioni”) hanno un ruolo decisivo nel diritto d’autore: servono per bilanciare le esclusive riconosciute agli autori con altri diritti fondamentali dell’ordinamento.

Nel caso delle piattaforme online, tali eccezioni servono ad evitare che il dibattito pubblico possa essere soffocato dalle prerogative autoriali.

Ecco perchè la direttiva ha stabilito che le eccezioni di cui sopra abbiano carattere obbligatorio per gli Stati Membri.

Sul punto, le linee guida consentono di aggiungere un tassello importante: quand’anche all’interno dell’ordinamento nazionale esistano già eccezioni simili, quelle previste nel paragrafo 7 dell’art. 17 hanno carattere eccezionale e come tali devono essere preservate:

the particular exceptions and limitations in Article 17(7) are mandatory for the Member States to implement, they apply specifically and only to the online environment and to all users when uploading and making available content generated by users on online content-sharing services, and there are no further conditions for their application.

Ora, però, il problema è che le eccezioni sono molto “umane” e poco vanno d’accordo con i filtri automatici: come se ne garantisce l’effettività se il codice “informatico” è più forte di quello legale?

Anche qui è assai interessante l’approccio delle linee guida:

Therefore, in order to ensure compliance with Article 17(7) in practice, and leave unaffected legitimate uses, including uses under exceptions and limitations, when an upload matches a specific file provided by rightholders , automated blocking, i.e. preventing the upload by the use of technology, should in principle be limited to manifestly infringing uploads.

Dunque, in prima battuta, soltanto i caricamenti che siano manifestamente in violazione dei diritti dei titolari dovrebbero essere bloccati automaticamente: gli altri dovrebbero essere lasciati passare.

La Commssione suggerisce anche i criteri che dovrebbero essere presi in considerazione per valutare se un contenuto è apertamente in violazione del diritto d’autore, oppure no:

Relevant criteria to detect manifestly infringing uploads in practice could include the length/size of the identified content used in the upload, the proportion of the matching/identified content in relation to the entire upload (e.g. whether the matched content is used in isolation or in combination with other content) and the level of modification of the
work (e.g. whether the upload matches only in part the identified content because it has been modified by the user)… Exact matches of entire works or of significant proportions of a work should normally be
considered manifestly infringing (e.g. when the recording of a whole song is used as background in a user created video)… On the other hand, an upload which matches only partially with the information provided by the rightholders because the user has significantly modified the work in a creative manner, for example by adding elements to a picture to create a ‘meme’, would generally not be manifestly infringing (this example may be covered by the parody exception).

I meccanismi di revisione: umano o non umano?

Un ultimo cenno sui meccanismi di revisione delle decisioni assunte dalla piattaforma in merito alla rimozione o disabilitazione dei contenuti caricati dagli utenti.

La regola generale è che i contenuti che non violano manifestamente il dritto d’autore devono essere pubblicati online al momento del caricamento, ad eccezione dei contenuti espressamente “marcati” dai titolari dei diritti (sui quali però deve essere assicurata una una rapida revisione umana ex ante).

I prestatori di servizi dovrebbero informare i titolari dei diritti senza indebito ritardo che il contenuto è stato pubblicato e, se questi si oppongono, dovrebbero effettuare una rapida revisione umana ex post per decidere se il contenuto debba rimanere online o essere rimosso.
La revisione umana ex post dovrebbe consentire al fornitore di servizi di condivisione di contenuti online di prendere una decisione basata sugli argomenti forniti sia dai titolari dei diritti, che dagli utenti.

Poichè sono in corso ampi dibattiti sul punto, è molto importante che la Commissione abbian chiarito che il contenuto dovrebbe rimanere online durante la revisione umana.

Conclusioni

Le linee guida hanno il pregio di rincodurre a “ragionevolezza” l’applicazione dell’articolo 17 in occasione della sua trasposizione negli ordinamenti nazionali.

In attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronunci sulla sua compatibilità con l’ordinamento comunitario e i valori fondamentali dell’Unione (la sentenza è attesa per luglio), la presa di posizione della Commissione sembra sgombrare definitivamente il campo da ogni approccio massimilista, finalizzato ad oberare la disposizione di intenti “puntivi” decisamente inappropriati.

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